In questa newsletter raccontiamo i nostri Futuri Preferibili in tre mosse: partiamo da qualcosa che accade nel presente, prendiamo la rincorsa nel passato e facciamo un salto nel futuro. Non per prevederlo, ma per provare a indirizzarlo.
Noi siamo qui
La scorsa settimana il Partito Democratico ha condiviso sui propri canali social un post che invitava a ignorare il generale Roberto Vannacci e le sue esternazioni. Il post ritrae il volto del militare con la scritta “ignoralo” che gli copre gli occhi. Questa la didascalia che accompagna l’immagine:
“Non faremo il suo nome. Non gli faremo il favore di rilanciare i suoi deliri, le sue frasi schifose, la vergogna che rappresenta per tutte le donne e gli uomini in divisa. Proteggiamoci dalle sue parole d'odio. Compiamo tutti insieme un gesto di difesa del dibattito pubblico. Ignoriamolo”.
Il post conteneva un evidente paradosso, e infatti ha mandato in tilt l’elettorato democratico. Che cosa dobbiamo fare? Quello che ci si aspetterebbe con un qualsiasi post social, ossia condividerlo? O al contrario, come dice la didascalia, ignorarlo, far finta di non averlo visto?
Il risultato è che l’immagine del post è finita proprio dove non doveva finire: stampata su una maglietta indossata dallo stesso generale, diventata un assist per chi si voleva screditare. Vannacci si è appropriato dell’invito a ignorarlo, usandolo come una conferma delle proprie idee. Con quella maglietta puà dire: ecco la sinistra democratica! Ecco l’establishment che censura e cancella chi non è d’accordo!
Flashback
In Don’t think of an elephant, il linguista e scienziato George Lakoff spiega come, quando ci si oppone a qualcuno usando il suo stesso linguaggio, ripetendo i contenuti e i punti di vista che si vogliono negare, si finisce per rafforzare lo schema mentale dell’avversario e indebolire le proprie posizioni.
Il linguaggio attiva i nostri modelli mentali: se vogliamo adottare nuovi modelli dobbiamo usare un linguaggio nuovo. Pensare in modo diverso implica necessariamente esprimersi in modo diverso.
Elaborare nuovi linguaggi, però, non è né semplice né immediato. È un processo graduale e continuo, che richiede concentrazione, impegno costante e tenacia nella ripetizione, affinché le nuove prospettive si diffondano nella società, nella cultura e nel dibattito pubblico.
In La mentalità neototalitaria Nello Barile, professore all’Università IULM, descrive un fenomeno culturale che porta i gruppi sociali ad affermare la propria supremazia e il proprio punto di vista impossessandosi di quello dell’altro. Se i totalitarismi storici escludevano il punto di vista dei nemici, puntando alla loro eliminazione diretta, i neototalitarismi tendono invece a inglobarlo, a farlo proprio, per neutralizzarlo e metterne in dubbio persino l’esistenza.
Prendiamo ad esempio la moda, che ha anticipato questo fenomeno di imposizione di una forma di esclusione che non è più “selettiva come in passato, ma mimetica”: gli stilisti hanno progressivamente saccheggiato le sottoculture giovanili, accorciando a proprio favore la distanza tra strada e passerella. Se da un lato hanno reso visibile e persino valorizzato le esperienze alternative, dall’altro hanno disinnescato la loro carica conflittuale, sottraendo alle controculture la possibilità di esprimersi in modo unico e diverso.
La politica degli ultimi decenni è piena di esempi in cui tutti i tentativi di contrastare una figura dominante sono stati rovesciati e trasformati in carburante per la sua affermazione: da Berlusconi a Trump, il racconto degli scandali, l’insistenza della satira, le indagini giudiziarie, la critica dei linguaggi e dei comportamenti, le proposte politiche elaborate “contro” non hanno fatto che rafforzare l’onnipresenza di questi personaggi nell’immaginario collettivo, avvalorare la loro idea di essere “perseguitati”, e infine consolidare intorno a loro un consenso sempre più esteso.
Pochi giorni fa Patagonia ha pubblicato un cortometraggio dal titolo The Shitthropocene (grazie Massimo per la segnalazione!) che racconta come siamo entrati in un’era di iper-consumi. Fondamentale in questo passaggio è stato il ruolo del marketing, che fa leva sulle nostre fragilità psicologiche e sulla nostra insoddisfazione per spingerci a cercare la felicità nel consumo, alimentando la FOMO, convincendoci che con ogni acquisto stiamo facendo un affare (“solo per oggi!”, “a un prezzo incredibile!”, ecc.).
In questo scenario in cui diversi attori sociali fanno a gara per manipolare la nostra attenzione, come impariamo a scegliere che cosa è migliore per noi, a capire che cosa è giusto o sbagliato?
A scuola ci insegnano che dobbiamo imparare a “pensare in modo critico”, che dobbiamo cioè acquisire la capacità di osservare, analizzare e valutare oggettivamente le informazioni a nostra disposizione per prendere le migliori decisioni possibili.
Ma in un mondo saturo di rumore, in cui siamo continuamente sovraccaricati di informazioni ed esposti a continui tentativi di manipolare le nostre emozioni (soprattutto rabbia e paura), è essenziale che impariamo anche a filtrare parte di questo rumore.
Dopotutto abbiamo a disposizione solo un quantitativo limitato di tempo, attenzione ed energia e vogliamo essere sicuri di investirli al meglio. Ed è qui che entra in gioco ciò che gli studiosi Kozyreva, Wineburg, Lewandowsky e Hertwig definiscono critical ignoring, o l’arte di ignorare in modo critico.
Fast forward
Gli autori di questo saggio considerano il critical ignoring “una competenza fondamentale per tutti i cittadini nel mondo digitale”. Incoraggiare ogni persona online a praticare il critical ignoring può aiutarci a difenderci dagli eccessi, dalle trappole e dai disordini informativi dell’economia dell’attenzione.
Come si mette in pratica il critical ignoring?
Self-nudging
Esattamente come chi è a dieta evita di acquistare cibi grassi o poco salutari, dovremmo progettare gli ambienti in cui viviamo, inclusi gli ambienti digitali, in modo da evitare la manipolazione della nostra attenzione. Alcuni accorgimenti includono disattivare i social media, o impostare dei limiti di utilizzo giornalieri. Il tempo guadagnato può essere investito su altre fonti di informazione autorevoli. L’obiettivo del self-nudging è contrastare le distrazioni e l’informazione di bassa qualità.Lateral reading
Un’ulteriore minaccia è rappresentata dalle informazioni false. Informazioni che, grazie alla GenAI, sono sempre più facili da generare e diffondere, spacciandole per vere. Poiché è impossibile conoscere la veridicità di un sito o di un contenuto online isolandolo dal contesto, per decidere se fidarci o meno possiamo applicare ciò che si chiama lateral reading: verificare altrove l’identità di chi scrive e le affermazioni che leggiamo, confrontandole con quanto riportato su altri siti o fonti d’informazione più autorevoli.Do not feed the trolls
Online ci sono individui - e sempre più spesso bot - il cui unico scopo è sabotare la conversazione. Sono i troll, coloro che diffondono deliberatamente informazioni false e dannose. Potrebbe essere irresistibile la tentazione di rispondere ai troll per correggere i fatti. Ma ai troll non importano i fatti, vogliono solo provocare emozioni negative. Quindi, è meglio non premiare il loro comportamento negativo con la nostra attenzione. Piuttosto ha senso bloccarli e segnalarli ai moderatori della piattaforma.
L’idea da cui partiva quel post del Partito Democratico non era sbagliata: servirebbe creare un’agenda comunicativa libera dal rumore e dalle provocazioni, in cui parlare di proposte preferibili, progetti da realizzare, idee positive, anziché sprecare tempo e risorse a contrastare le idee tossiche. L’esecuzione però dimostra quanto è difficile mettere in pratica questo proposito: siamo continuamente trascinati in una “timeline sbagliata”, costretti a confrontarci con temi, contenuti, messaggi che non abbiamo scelto ma a cui non possiamo sottrarci.
Dovremmo trovare il modo di costruire spazi informativi liberati: come facciamo quando cerchiamo spazi fisici diversi dalla città per rigenerarci e riconnetterci con la natura; come facciamo quando costruiamo nuove abitudini e nuove routine per rafforzare e riequilibrare il nostro corpo, così dovremmo fare per la mente. Cercare luoghi culturali alternativi, protetti dalla manipolazione, in cui siamo noi a scegliere cosa vedere e cosa pensare, e dai quali partire per attivare i modelli di pensiero del futuro.
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Il futuro è dei ribelli – il manifesto di Matteo, ribelle di professione;
Parola per parola – il manifesto di Paolo, scrittore prestato al branding e alla comunicazione;
Saremo felici? – l’articolo che rompe il format classico di Futuri Preferibili per parlare di ciò che ci rende felici;
Dall’io al noi – uno dei nostri numeri più belli sulla comunità, tema del quale scriviamo spesso;
Come misureremo le nostre vite – l’articolo in cui ci interroghiamo su come misurare solo ciò che ci fa crescere davvero;
Brand dal futuro #01: Cosmico – il numero che lancia il nostro format speciale sul branding.