In questa newsletter raccontiamo i nostri Futuri Preferibili in tre mosse: partiamo da qualcosa che accade nel presente, prendiamo la rincorsa nel passato e facciamo un salto nel futuro. Non per prevederlo, ma per provare a indirizzarlo.
Quando abbiamo iniziato a confrontarci sul tema di questo numero della newsletter, abbiamo raccolto così tanti spunti che non sarebbe bastata una sola uscita di Futuri Preferibili per parlarne.
Così abbiamo deciso di dividere l’argomento in due parti:
oggi parliamo di come le organizzazioni siano passate dal competere per ottenere denaro dalle persone allo sfidarsi per attrarre il loro tempo, creando ecosistemi dell’attenzione;
nel prossimo numero parleremo di come questi ecosistemi stiano evolvendo in piattaforme di relazione, che competono per ottenere non solo il tempo, ma soprattutto la fiducia delle persone.
Noi siamo qui
Pochi giorni fa Fastweb ha annunciato il suo ingresso nel mercato dell’energia, con lo stesso approccio che adotta per la connettività: nessun vincolo, nessun costo nascosto, offerte a canone mensile fisso legate alle fasce di consumo.
Non è la prima TLC a entrare nel mercato dell’energia: già da tempo WindTre propone offerte in collaborazione con Acea Energia. Dall’altro lato, player energetici come Enel e Sorgenia affiancano alla loro tradizionale offerta di luce e gas anche la connettività.
Sky ha inaugurato il proprio ingresso nel settore della telefonia mobile tramite la rete di Fastweb. Poste Italiane offre, accanto ai tradizionali servizi di logistica, servizi finanziari e assicurativi, connettività, telefonia fissa e mobile, energia elettrica e gas.
Con la fine del monopolio del telepedaggio, Unipol è entrata nei servizi per la mobilità affiancando al business assicurativo i servizi di pagamento dei pedaggi autostradali, tagliando auto, riparazione vetri e acquisto di skipass. La risposta di Telepass è stata aggregare diversi servizi di mobilità, dalla ricarica elettrica alla mobilità condivisa, dai taxi ai voli ai mezzi pubblici, dal pagamento del pedaggio al pagamento dei parcheggi.
Dietro l’approccio di queste aziende che aggregano servizi diversi, apparentemente lontani dal loro core business, c’è l'idea che un’azienda non è costretta a restare nel perimetro della propria categoria, ma può offrire tutti i servizi che è in grado di proporre, in base alla loro disponibilità.
La strategia di mercato dell’azienda quindi non segue tanto le necessità della domanda, ma l’estendibilità dell’offerta.
Diventando un aggregatore di servizi, un’azienda diversifica le fonti di reddito, mitiga il rischio associato alla dipendenza da un singolo settore e sfrutta economie di scala e sinergie tra i diversi settori in cui opera, migliorando la sua efficienza complessiva.
Questo approccio è figlio di un pensiero economico industriale.
Tuttavia, oggi le aziende operano in un contesto diverso, che chiamiamo economia dell’attenzione.
Flashback
L’economia dell’attenzione non è un’idea nuova.
Il primo a parlarne fu l’economista premio Nobel Herbert Simon, che alla fine degli anni Sessanta scrisse un saggio dal titolo La progettazione di organizzazioni in un mondo ricco di informazione, in cui evidenziava la relazione tra una società dell’informazione che produce un’enorme quantità di dati e la capacità delle persone di analizzarli e comprenderli appieno.
In una società così ricca di informazioni, l’attenzione diventa una risorsa scarsa e per questo preziosa. Così ogni azienda compete per ottenerla. E non lo fa soltanto contro altre aziende del proprio settore o della propria area geografica, ma contro un vasto panorama di organizzazioni su scala globale e locale. Ognuna di queste vuole creare con noi una relazione duratura, nella quale ci invita a investire il nostro tempo.
Già nel 2020 Matteo e Simone avevano pubblicato un paper a proposito di questi argomenti, in cui affermavano che nel mondo della competizione convergente la moneta è il tempo e non possiamo fare a meno di spenderla. Quindi, a differenza del passato, i soggetti economici si interessano di tutto quello che facciamo, anche quando non consumiamo prodotti o servizi. Il mercato si è esteso fino a coincidere con la società e i brand hanno colmato il vuoto lasciato da ideologie e religioni nell’organizzare le priorità della nostra vita. Un ipotetico Cluetrain Manifesto per il XXI secolo potrebbe recitare:
I mercati sono tutto quello che facciamo con il nostro tempo.
In questo quadro le metriche tradizionali per giudicare la salute di un’azienda non servono a molto. Tutto quello che abbiamo imparato finora su dinamiche di costo, produzione, forza lavoro e asset era riferito a un mondo totalmente differente. Come può per esempio un analista giudicare Meta utilizzando le metriche con le quali analizzava General Electric? Non può.
Per questo motivo, l’economia dell’attenzione porta con sé un nuovo modo di misurare il valore del business. La metrica fondamentale del valore è il tempo dedicato all’ecosistema, che potremmo chiamare Share of Time.
Perché il tempo è importante?
Il tempo dedicato alla piattaforma conta per due principali ragioni.
La prima ragione è storica: le prime piattaforme (Facebook, eBay, YouTube) monetizzavano attraverso un modello di business puramente incentrato sulla pubblicità. Ancora oggi il valore di queste piattaforme si basa sui Monthly Active Users (MAU, utenti attivi nel mese) e su quanto tempo questi utenti spendono mediamente all’interno della piattaforma (Average Session Duration, durata media della sessione). Più utenti attivi in piattaforma e più tempo dentro la piattaforma, più guadagni dalla pubblicità.
La seconda ragione è che il tempo speso nella piattaforma è un buon indicatore anche della capacità di generare transazioni economiche: passiamo tempo su Uber, Amazon o Deliveroo perché stiamo comprando qualcosa o perché compreremo qualcosa. Questo funziona molto bene nelle piattaforme digitali perché la loro offerta è così varia che è davvero probabile che troveremo qualcosa da acquistare; al contrario in un negozio fisico, con un’offerta limitata per ragioni di spazio, è più probabile passare del tempo senza poi comprare nulla.
Ma soprattutto: il tempo che passiamo dentro una piattaforma digitale non genera un aumento di costi per la piattaforma, mentre il tempo che passiamo senza convertire in un’azienda che non è una piattaforma può causare problemi all’azienda stessa, perché le sue risorse sono limitate. Posso trascorrere un’intera nottata su Amazon a cercare un paio di scarpe perfetto per me e non comprare nulla, aumentando in modo trascurabile i costi operativi per Amazon; mentre la stessa operazione in un negozio fisico costringerebbe il proprietario a pagare un salato straordinario a un/una dipendente.
Inoltre, più tempo dedico a una piattaforma o a un brand, anche senza acquistare, più si sviluppa una relazione di lealtà e di conoscenza che può essere monetizzata successivamente. Ad esempio, essere un appassionato di Ferrari può portarmi a dedicare tantissimo tempo al brand, anche se non avrò mai i soldi per comprare una Ferrari. Ma se dedicherò tanto tempo al brand è probabile che io finisca per acquistare qualcosa nell’ecosistema Ferrari, una piattaforma che connette fan come me ad aziende che utilizzano il brand Ferrari su orologi, abbigliamento, tazze o eventi.
La centralità del tempo spiega perché le organizzazioni di maggior successo sono quelle che riescono a creare un modello di ecosistema o piattaforma, in contrapposizione al tradizionale modello gerarchico o di pipeline. Creare servizi, offerte, sistemi che prolungano la relazione con le persone permette alle aziende di interpretare al meglio le opportunità dell’economia dell’attenzione.
Perché, dunque, l’ecosistema di aziende che aggregano servizi diversi – come stanno facendo Fastweb, Enel, Poste o Telepass – è ancora lontano da un modello di ecosistema contemporaneo, pensato per l’economia dell’attenzione?
Fast forward
Gli ecosistemi dell’economia industriale univano servizi e imprese indipendenti per ottenere diversificazione ed efficienza e sfruttare le sinergie incrociate: erano organizzati, cioè, intorno al capitale. Al contrario, gli ecosistemi dell’economia dell’attenzione uniscono servizi e imprese diverse, apparentemente non correlate, nel tentativo di attrarre l’attenzione degli utenti. L’ecosistema è organizzato intorno all’attenzione – e ai dati raccolti come conseguenza.
Amazon è un ottimo esempio di ecosistema dell’attenzione: acquisisce attenzione con un servizio e la converte in valore attraverso un altro.
Molti analisti vedono Prime Video come un servizio di fidelizzazione e retention: gli utenti si iscrivono principalmente ad Amazon Prime per ottenere la consegna in due giorni – e Prime Video rappresenta un servizio a valore aggiunto che rende più appetibile l’iscrizione.
Tuttavia, l’affermazione contraria è altrettanto vera: Prime Video è un canale strategico di acquisizione, oltre a essere quello che garantisce il CAC più basso. Documenti esclusivi di Amazon rivelano come i Prime Originals, cioè i contenuti creati esclusivamente da e per Amazon Prime Video, sono in grado di generare fino al 25% del totale delle iscrizioni Prime. In India, Amazon ha iniziato a distribuire spettacoli di stand-up comedy perché sono molto richiesti da una nicchia in crescita, acquisirli costa poco e fanno crescere tutto l’ecosistema di Prime e dei servizi di e-commerce.
Diventare un ecosistema dell’attenzione significa controllare non l’offerta di servizi, ma l’interfaccia di accesso ai servizi. Chi controlla l’interfaccia ha il dominio sulle interazioni delle persone – e può influenzarle e indirizzarle verso i propri servizi. Le aziende che riescono a diventare l’interfaccia privilegiata per accedere a servizi o a informazioni di primaria importanza ottengono vantaggi competitivi e alzano barriere a difesa del proprio business.
WeChat è l’esempio migliore di un’azienda che è riuscita a diventare l’interfaccia privilegiata di accesso a decine di servizi diversi, controllando prima la messaggistica p2p, quindi i pagamenti e solo in seguito gli altri servizi. In Italia, Satispay sta aggregando servizi come le gift card o i buoni pasto, ma solo dopo aver ottenuto il controllo dell’interfaccia per i pagamenti negli esercizi commerciali.
Tuttavia, non tutte le interfacce dominanti sono uguali, perché i servizi ai quali danno accesso non hanno la stessa importanza. Diverse volte abbiamo scritto, in questa newsletter, di come le aziende debbano sforzarsi di rispondere a problemi complessi, usando l’espressione Make the problem bigger che abbiamo “rubato” da una citazione di Eisenhower. Questa:
Ogni volta che mi imbatto in un problema che non riesco a risolvere, lo ingrandisco sempre. Non potrò mai risolverlo cercando di rimpicciolirlo; ma se lo ingrandisco abbastanza, posso iniziare a vedere i contorni di una soluzione.
In pratica, ogni azienda che vuole ottenere attenzione e tempo deve offrire una risposta convincente a una domanda che sia di primaria importanza per le persone.
Facciamo un esempio: chi vuole comprare una casa ha come domanda primaria “ottenere una casa”. Questa domanda primaria genera domande secondarie, come ad esempio “ottenere un mutuo”.
I servizi finanziari sono molto importanti per un ecosistema dell’attenzione, ma da soli non bastano, perché rispondono quasi sempre a domande secondarie o accessorie. Pensate alla situazione in cui volete acquistare un’auto: poiché “ottenere l’auto” è la vostra domanda primaria, vi rivolgerete a un’azienda che produce e vende auto. Dopo aver acquistato la vostra auto, per chi ve l’ha venduta sarà più facile vendervi anche altri servizi, come un finanziamento o l’assicurazione, superando così le mediazioni tradizionali di banche o compagnie assicurative. Non è un caso, quindi, che banche e compagnie assicurative stiano cercando di posizionarsi beyond banking e beyond insurance, nel tentativo di risalire la domanda e generare più valore.
Nell’economia dell’attenzione, che cosa devono fare le organizzazioni per diventare ecosistemi?
Individuare la domanda primaria
Ogni organizzazione deve individuare la domanda più importante alla quale vuole rispondere. Può partire dai propri servizi, capire a quali domande rispondono e quindi chiedersi se ne esistono altre collegate, ma più rilevanti. Tra queste ne sceglierà una.Definire un servizio trainante
Una volta individuata la domanda, l’organizzazione deve costruire in risposta il proprio servizio trainante, cioè quello che fa accedere le persone al proprio ecosistema. Il servizio deve rappresentare la soluzione migliore, capace di attrarre persone che prima utilizzavano altre soluzioni. Si tratta di diventare l’equivalente del tradizionale “leader di mercato”. Per esempio, Google è la migliore risposta alla domanda “trovare le informazioni che cerco su qualsiasi argomento”, perché ha soppiantato tutti i motori di ricerca esistenti, ma anche le biblioteche o le enciclopedie.Rendere il servizio più rilevante
L’organizzazione deve aumentare la priorità del suo servizio, per attrarre più tempo e più persone. Ad esempio, dal momento che Google ha reso più facile e veloce trovare informazioni, le persone fanno più ricerche rispetto a prima, dedicando più tempo all’azienda. Per rendere ancora più rilevante il proprio servizio, l’organizzazione deve investire sul brand: il brand in sé è l’elemento fondativo dell’ecosistema e della sua espansione. Il tempo dedicato a un brand, interagendo con la sua offerta da consumatore (compro un paio di Nike) o da utente (uso l’app gratuita Nike Running o condivido l’ultima campagna Nike su Instagram) genera nel lungo termine acquisti, lealtà, partecipazione.
Aggregare altri servizi
Solo dopo aver ottenuto il controllo dell’interfaccia di accesso al proprio servizio trainante, l’organizzazione può iniziare ad aggregare altri servizi. L’espansione a ecosistema può avvenire per domande collegate a quella originaria, come nel caso di Amazon che risponde a diverse domande collegate alla scrittura e alla lettura diventando contemporaneamente un editore (Amazon Publishing), un e-commerce di libri (Amazon.com), una piattaforma di lettura (Kindle), un social network dove si discute dei libri letti (Goodreads), una libreria fisica (Amazon Book) e un servizio di self publishing digitale (Kindle Direct Publishing); oppure per domande non collegate a quella originaria, come nel caso di Amazon Web Services o Prime Video, che parlano a persone diverse, con domande diverse.
Con questa strategia le organizzazioni competono per ottenere l’attenzione delle persone.
La prossima settimana parleremo di come, dopo il denaro e il tempo, una nuova risorsa sempre più scarsa stia plasmando il terreno competitivo delle organizzazioni contemporanee: la fiducia, ovvero la base dell’economia della relazione.
😍😍😍
interessante, da approfondire