In questa newsletter raccontiamo i nostri Futuri Preferibili in tre mosse: partiamo da qualcosa che accade nel presente, prendiamo la rincorsa nel passato e facciamo un salto nel futuro. Non per prevederlo, ma per provare a indirizzarlo.
Noi siamo qui
Abbiamo guardato Il problema dei 3 corpi, la celebrata serie Netflix che racconta la possibilità di un’invasione aliena della terra.
Di fronte a una minaccia che potrebbe portare l’umanità all'estinzione, o a trasformarsi in modo irreversibile, sul pianeta si apre un conflitto tra anti-umanisti, che supportano l’invasione aliena e vedono nell’estinzione della razza umana l’unica soluzione ai problemi del mondo; umanisti, che scelgono di opporsi all’invasione a qualunque costo; trans-umanisti, che vedono nel contatto con una civiltà aliena la possibilità di un’evoluzione della specie.
Gli umani che supportano l’invasione guardano agli alieni come a una nuova e definitiva divinità, un Dio onnipotente nel quale credono con fede incrollabile, convinti che solo lasciandosi conquistare l’umanità potrà salvarsi. Di fronte a questa situazione è difficile non pensare ai gruppi di umani che proprio adesso, nel mondo reale, venerano un’entità astratta, misteriosa e potentissima, convinti che quando ci affideremo completamente e senza riserve a lei, saremo salvati. Quest’entità è la tecnologia, è il suo culto può essere considerato l’ultima religione elaborata dalla civiltà umana.
L’innovazione tecnologica come divinità è solo uno dei tanti sintomi che raccontano una generale ricerca di senso da parte delle persone. Una richiesta di completezza e pienezza, una spinta a cercare qualcosa che vada al di là delle superficiali certezze della società materialista e razionalista in cui viviamo.
In un mondo dal quale abbiamo esiliato Dio e tutto ciò che era sacro, le persone continuano a cercare piccole e grandi divinità che le aiutino a dare un senso alle loro vite.
Flashback
Storicamente la religione ha avuto tre funzioni principali.
Dare significato all’esistenza umana, rispondere alle grandi domande sulla vita e sulla morte, ed elevare lo spirito attraverso pratiche come la preghiera e la meditazione.
Civilizzare l’umanità, darle regole di convivenza, ispirare valori e comportamenti, anche attraverso tabù e proibizioni, e organizzare l’esistenza attraverso la gestione dei rituali.
Costruire un senso di comunità e appartenenza, rafforzando i legami di solidarietà e fratellanza, promuovendo l’idea che gli individui sono legati da un destino comune.
Nel libro Alchemy. The dark art and curious science of creating magic in brands, business, and life, Rory Sutherland - vice-presidente di Ogilvy e fondatore di Ogilvy Change - mette in evidenza i limiti del pensiero razionalistico, mostrando il potere di tutto ciò che non è logico ma psico-logico, cioè ha un effetto sulla nostra psiche e sulla nostra emotività, ci spinge ad agire in modi contrari alla razionalità che spesso si rivelano efficaci e sensati, senza che noi sappiamo spiegare esattamente perché.
Tra queste forze irrazionali, Sutherland include la religione, e cita una ricerca che ne ha indagato i benefici sociali e individuali. Chi frequenta attivamente comunità religiose tende a essere più felice nella vita di coppia, a soffrire meno la solitudine, a uscire più facilmente dalla povertà, a combattere meglio l’alcolismo, a vincere più frequentemente la depressione. Conclude Sutherland:
Pensiamo che la religione sia incompatibile con la vita moderna perché è fondata su un’illusione. Ma se avessimo un farmaco che permette di avere i benefici citati sopra, vorremmo aggiungerlo all’acqua del rubinetto.
Nel corso dei secoli tuttavia le religioni sono diventate sistemi di potere oppressivi, che con la loro ostilità al progresso rallentavano la crescita collettiva. Così via via che le conoscenze scientifiche si sono evolute, i miti hanno perso la loro centralità: gli umani hanno trovato nella scienza la capacità di spiegare il mondo, nella tecnica la capacità di dominarlo, nella filosofia le regole morali per convivere, nell’arte l’elevazione spirituale, nelle ideologie politiche il senso di appartenenza. E sono giunti alla conclusione che la religione non serve più.
Dio è morto, secondo la famosa sentenza di Nietzsche, e al suo posto gli umani hanno messo sé stessi e ciò che sono in grado di produrre.
La religione cattolica, che è stata forse la prima religione globalizzata, e ha dominato a lungo il mondo occidentale, dal 1993 al 2019 ha visto sparire dalle Chiese almeno un terzo dei praticanti. Nella visione cattolica “credente” e “praticante” sono due posizioni inscindibili: la fede si manifesta e si alimenta solo quando si partecipa alla vita della comunità. Questa posizione sembra non trovare più spazio nella complessità e fluidità delle esperienze spirituali moderne. Nella nostra società contemporanea e secolarizzata il praticante religioso è un personaggio obsoleto, fuori luogo, di cui prendersi gioco, come fa Homer con il suo vicino Ned Flanders, reso ridicolo dal suo integralismo.
Circa un quarto degli adulti americani si professa non religioso. Se consideriamo solo i nati dopo il 1990, la percentuale dei non religiosi si alza al 40%. Tuttavia, questo non significa che le persone non siano alla ricerca di spiritualità, risposte a domande esistenziali, senso di appartenenza a qualcosa e a qualcuno.
Nel vuoto lasciato dal declino delle religioni e dei culti tradizionali, la domanda risuona ancora più forte: cosa dà senso alla vita umana? In cosa possiamo davvero credere? Quali forze potranno salvare l’umanità?
Fast forward
In futuro non smetteremo di cercare un significato per la nostra esistenza. Non smetteremo di cercare qualcosa in cui credere, e una comunità alla quale appartenere. Solo lo faremo in modo diverso, attraverso una ricerca spirituale che non si rifugerà nei dogmi, ma sarà più libera e individuale.
La figura del nomade spirituale sembra adattarsi meglio alla flessibilità delle esperienze religiose contemporanee. I credenti di oggi non sono legati a pratiche rituali fisse e istituzionalizzate, ma si impegnano in un percorso spirituale personale, autonomo e flessibile, che riflette l'eterogeneità e la complessità della ricerca di significato nel mondo odierno.
In un mondo senza Dio, scrive Tara Isabella Burton nel suo libro Strange Rites: New Religions for a Godless World, a occupare il posto lasciato libero dai culti sarà chiunque riuscirà a rispondere alle tre domande fondamentali a cui le religioni hanno sempre risposto: qual è lo scopo della vita umana? quali gesti dobbiamo compiere? a quale comunità apparteniamo?
Lo scopo è la convinzione che guida le nostre scelte. Ha il potere di trasformarsi in energia e unire le persone attorno a un’idea condivisa. Poiché le persone hanno la necessità di trovare lo scopo della loro vita, negli ultimi anni le organizzazioni hanno pensato di colmare il vuoto lasciato dalle religioni e dalle istituzioni tradizionali nel fornire una risposta a questa domanda cambiando il loro modo di raccontarsi. Così è nato il purpose marketing, che ha sostituito alla comunicazione delle funzionalità dei prodotti quella dello “scopo più nobile” per il quale quei prodotti esistono. Ma il purpose marketing ha preso le derive che conosciamo, rendendo i brand distaccati e narcisisti, preoccupati più di segnalare la propria (presunta) virtù che di intercettare i bisogni delle persone.
Un paio di scarpe, dei biscotti, un cacciavite non possono certo essere la risposta alla ricerca di scopo delle persone e non possono essere trasformati in qualcosa di tanto più nobile delle funzionalità per le quali esistono. Tuttavia le persone potrebbero fare esperienze significative unendosi a delle community collegate a questi prodotti: un gruppo sportivo, un corso di cucina, una comunità di hobbisti per il fai-da-te.
Trasformare le dichiarazioni di purpose in azioni concrete (o meglio, in comunità che compiono insieme gesti concreti) è, per i brand, una straordinaria opportunità di trasformare i loro clienti in “fedeli”.
Sui gesti ha scritto recentemente Ted Gioia, invitandoci a celebrare i nostri rituali personali, familiari e comunitari per riprendere il controllo sulla nostra attenzione e sfuggire alla cultura dopaminica delle piattaforme. I rituali sono una fonte di gioia e stabilità nella vita di tutti i giorni. Spesso temiamo che ripetere per lungo tempo gli stessi gesti porti alla noia. Tuttavia, le fonti più potenti di felicità nella nostra vita derivano spesso proprio dalla ripetizione - come nelle relazioni familiari o professionali.
Infine, la domanda di appartenenza sembra essere la più urgente.
Non siamo mai stati così connessi, eppure allo stesso tempo ci sentiamo soli. Per questo cerchiamo continuamente una connessione con gli altri, con le nuove generazioni che si rivolgono a forme di spiritualità alternative per colmare il vuoto lasciato dalle istituzioni tradizionali, percepite come giudicanti, esclusive e poco ispiratrici. In contrasto alla rigidità delle religioni tradizionali, cerchiamo alternative che ci offrano l’esatto opposto: tolleranza, flessibilità e soprattutto un po’ di leggerezza.
Il compito delle organizzazioni è chiedersi perché sempre più persone oggi si sentono prive di significato, scopo, ritualità e appartenenza, e come possono contribuire a risolvere queste esigenze umane fondamentali.
Lavorare per la soluzione di queste crisi esistenziali richiede un impegno concreto e una vera comprensione delle esigenze della nostra società. Dobbiamo muoverci al di là delle soluzioni superficiali e affrontare le radici del problema. Solo così possiamo veramente aiutare gli altri a trovare un senso di scopo, sicurezza e appartenenza, così necessari in un mondo in continua evoluzione.
Nel Problema dei 3 corpi uno dei personaggi, prima di partire per la missione che tenterà il contatto con gli alieni, si rifiuta di firmare un giuramento di fedeltà all’umanità. Se dovessi scoprire che gli alieni sono migliori di noi, perché non dovrei collaborare con loro? In un certo senso questo personaggio accetta di credere, il suo è un atto di fede.
In attesa che gli alieni si facciano vivi, noi potremmo riformulare così il suo atto di fede: perché non continuare a cercare una versione migliore dell’umanità, anziché limitarsi a difendere quella che abbiamo conosciuto finora? Migliore non perché potenziata o trasfigurata dalla tecnologia, ma perché più vicina a ciò che ci rende umani: la generosità, la capacità di collaborare, il riconoscimento della dignità altrui. Siccome avremo sempre bisogno di credere in qualcosa, noi scegliamo di credere che un giorno incontreremo un’umanità migliore. Forse ci sembreranno degli alieni, e invece saremo noi.
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Ciao, mi avete fatto ripensare al tema che ultimamente ho sviluppato in occasione delle consulenze aziendali: l'identità. Non solo l'identità percepita dal soggetto interessato ma soprattutto quella che è compresa e riconosciuta dagli altri. Abilità fondamentale: fermarsi, identificarsi e impegnarsi nel raccontarsi in modo semplice, chiaro e comprensibile cosi da essere riconosciuti e identificati dagli altri. Non solo sul piano del "chi sei e cosa fai" ma, soprattutto, sul "a cosa servi e che impatto hai" su te stesso/a, sugli altri e sulla comunità in generale. Quando le persone si soffermano a riflettere su questo tema, scrivono la loro identità e la descrivono con semplicità. le vedi rinascere, illuminarsi e vedi in loro il desiderio di creare una comunità che abbia un impatto sul mondo. Grazie per la vostra newsletter