In questa newsletter raccontiamo i nostri Futuri Preferibili in tre mosse: partiamo da qualcosa che accade nel presente, prendiamo la rincorsa nel passato e facciamo un salto nel futuro. Non per prevederlo, ma per provare a indirizzarlo.
Noi siamo qui
Lo scorso 11 ottobre si è tenuto negli studi della Warner Bros., a Los Angeles, l’evento We, Robot, in cui Tesla ha presentato tre prodotti attesi da tempo e tenuti insieme dal concept The Future is Autonomous.
I tre prodotti sono il Robotaxi, un taxi interamente a guida autonoma; il Robovan, un autobus anch’esso a guida autonoma; e l’androide Tesla Bot, un robot umanoide che ha ballato sul palco e ha fatto quattro chiacchiere con gli ospiti della serata mentre gli serviva dei cocktail.
La presentazione come al solito è stata accolta con curiosità e qualche scetticismo, soprattutto perché ci sono dubbi su quanto questi prototipi siano davvero pronti per il mercato e la commercializzazione.
Di fronte a questo show futuristico ma un po’ incerto, il nostro amico Stefano ci ha fatto una domanda difficile e interessante. È più preferibile il futuro di Musk, con i robot che ballano, le automobili intelligenti e la conquista di Marte; oppure il futuro di Steve Jobs, con il design minimalista, le icone intuitive, i computer con la scrivania e il cestino, un telefono che si chiama telefono e ha la sveglia e la calcolatrice?
Abbiamo più bisogno di un futuro fantascientifico che ci catapulta in avanti, o di un futuro quasi invisibile che si insinua nelle nostre vite e le cambia dall’interno?
Flashback
La differenza fondamentale tra Elon Musk e Steve Jobs non è tanto quello che hanno realizzato, ma il loro punto di partenza.
Jobs lavora a partire dal presente: vede qualcosa che non funziona, e decide di riprogettarlo. Lo modifica, lo migliora, e così facendo costruisce il futuro. Il suo futuro dipende dal presente - anche se per contrasto - e si nutre delle esperienze e delle conoscenze del passato.
Musk invece parte da una visione del futuro, e poi torna indietro: rilegge il passato e agisce sul presente nel modo che gli è utile per costruire il proprio futuro. Anche a costo di forzare: per lui sia il presente, sia il passato, devono adeguarsi al futuro.
Quando progetta l’iPhone, Jobs non sta realizzando un’idea di futuro. Sta seguendo la sua insofferenza per lo status quo: le persone non usano più il telefono solo per telefonare (esisteva già il Blackberry); portano in giro più dispositivi; questi dispositivi possono essere fatti molto meglio: più belli, più semplici, più facili e piacevoli da usare. Anzi, non c’è bisogno nemmeno che siano più dispositivi: basta racchiudere tutto in un dispositivo solo. Ed ecco fatto il futuro.
Musk non parte mai dall’idea di portare a perfezione un prodotto. Non vuole costruire automobili migliori, ma le automobili che renderanno possibile la transizione energetica. Per questo, a differenza di quelle perfette di Jobs, le presentazioni di Musk sono imprecise, inverosimili, piene di buchi. Perché sono delle esibizioni che servono a far intravedere una visione del mondo.
Il mondo futuro che Musk ha in mente è un mondo di abbondanza, alimentato da energie rinnovabili, mosso da tecnologie autonome che ci libereranno dai compiti più fastidiosi, lasciandoci più tempo per esplorare interessi e passioni significative. E persino per esplorare altri pianeti.
Nel mondo di Musk la tecnologia si evolve per costare sempre di meno. Nel mondo di Jobs ogni nuovo dispositivo costa un po’ di più.
Chi cerca di giudicare Musk guardando al design del prodotto, o all’efficacia delle sue perfomance sul palco; chi ride dell’estetica steampunk o delle forme assurde, seminando dubbi sui robot telecomandati dagli umani; chi fa questo tipo di obiezioni sta perdendo di vista il contesto più ampio.
Nel contesto più ampio, Musk è un uomo che sta scommettendo su una visione del futuro, e sta cercando di renderla visibile. Le macchine, i taxi, i razzi e i chip neurali sono solo un mezzo per arrivare a quel risultato. Non un modo per fare soldi nel breve periodo.
Fast forward
Abbiamo sempre immaginato il futuro attraverso grandi visioni fantascientifiche, grandi trasformazioni che avrebbero cambiato le nostre vite in modo profondo.
Il futuro deve somigliare al futuro: quando guardiamo in avanti, siamo portati a pensare che il mondo sia destinato a diventare qualcosa di completamente diverso.
Anche perché in genere è proprio quello che succede: il mondo cambia in modo travolgente, e l’immaginazione umana spesso serve a spingerlo in avanti. Come è successo con la famosa campagna I will di AT&T, che nel 1993 immaginava una serie di innovazioni tecnologiche, dai pagamenti digitali alle videochiamate in 3D, che di lì a poco sarebbero diventate la normalità.
Del resto una delle facoltà umane più importanti è il pensiero prospettico. La capacità di immaginare sviluppi futuri che si discostano da ciò che è prevedibile nel presente. Solo grazie alla nostra visione prospettica riusciamo a innovare, perché ci permette di immaginare il mondo diverso da com’è qui e ora, e quindi come potrebbe essere.
Jobs ha avuto l’intuizione geniale di prendere una tecnologia dirompente, e renderla familiare, per far capire alle persone come avrebbero potuto utilizzarla.
Musk ha tenuto viva nell’umanità quella tendenza un po’ fanciullesca di immaginare un futuro fatto di razzi, viaggi spaziali, robot che fanno i robot.
Musk è un personaggio più che controverso, alcune sue azioni e prese di posizione sono inaccettabili, e ultimamente sembra sempre meno lucido. Ma l’idea di trasformare il mondo e realizzare cose a partire da una visione del futuro resta valida al di là di lui, e l’umanità non ha smesso di averne bisogno. Anzi, oggi ne ha più bisogno che mai.
Le grandi crisi globali che abbiamo di fronte rendono difficile immaginare il futuro. Tanto che a volte abbiamo la sensazione di essere circondati da “futuri abbandonati”: grandi progetti di progresso, sviluppo, miglioramento delle condizioni umane che non si sono mai concretizzati, o che restano in sospeso. Scenari che spesso abbiamo lasciato cadere per mancanza di coraggio, di immaginazione, di volontà.
Questa mancanza di alternative alimenta una specie di nostalgia del futuro. Nostalgia dei salti in avanti, delle proiezioni audaci, di visioni capaci di immaginare, sognare e desiderare ciò che ancora deve venire.
Al momento la maggior parte delle riflessioni sul futuro sono guidate più dalla paura che dal desiderio. Per questo abbiamo bisogno di pensieri, visioni e imprese in grado di riattivare il desiderio del futuro, di dare un impulso alla nostra ricerca di soluzioni nuove.
In questo sforzo serve sicuramente l’insofferenza ostinata verso lo status quo, e la tenacia di chi il futuro non vuole solo immaginarlo, ma vuole costruirlo, e vuole che sia migliore possibile (grazie Steve!).
Però serve anche la fantasia sfrenata dei bambini, la sfrontatezza di sognare automobili che si guidano da sole, robot ballerini, e viaggi su Marte. Perché il problema di Musk - e di molti altri visionari simili a lui - non è tanto quando immagina come un bambino. È quando diventa un adulto come tutti gli altri.
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Grazie,
perchè mi avete riaperto un cassetto chiuso, erroneamente, recentemente e lo avete arricchito.
La creatività nasce dal dolore e dalla gioia. Dal dolore di qualcosa che ci fa male perchè c'è e non la vogliamo più o perchè non c'è e la vogliamo. Dalla gioia di avere qualcosa di nuovo e bello che ci sarà benessere. Siamo nati per sopravvivere quindi la principale fonte di creatività, adulta, è il dolore in tutte le sue forme. Quando siamo bambini invece la principale fonte è la gioia che si manifesta ai confini del nulla quando usiamo quanto appreso e lo colleghiamo più o meno randomicamente a qualcosa di materiale e immateriale e iniziamo a creare qualcosa di nuovo usando la nostra capacità di immaginare il futuro per migliorare le chance di sopravvivenza. Ma il bambino che ne sa, sperimenta, si allena e si prepara ad usare questa capacità. Diventati adulti, generalmente, o dimentichiamo il bambino e creiamo nuotando nel mare di dolore oppure non accettiamo l'adulto e continuiamo a creare nella folle gioia del bambino.
E allora questa vostra lettera mi ha fatto pensare che cercare un equilibrio cosciente tra bambino ed adulto può permetterci di immaginare un futuro figlio di "Muskobs/Jobusk" (come Vegetto o Gogeta), un futuro per portare benefici da pochi a tutti e per continuare a sognare qualcosa di nuovo e bello e inedito.