In questa newsletter raccontiamo i nostri Futuri Preferibili in tre mosse: partiamo da qualcosa che accade nel presente, prendiamo la rincorsa nel passato e facciamo un salto nel futuro. Non per prevederlo, ma per provare a indirizzarlo.
Noi siamo qui
Nella primavera del 2019 The North Face ha pubblicato una campagna che ci era piaciuta molto, e che oggi ci sembra perfetta per lanciare il tema di cui vogliamo parlare. “Explore Mode” era un invito a disconnettersi dal mondo virtuale, spegnere i nostri dispositivi e attivare la “modalità esploratore” per connetterci realmente con gli altri, con la natura, e con noi stessi.
Oggi “passare alla modalità esploratore” non è soltanto una chiamata a riscoprire il nostro desiderio innato di vivere nuove avventure e fare nuove scoperte; è il modo preferibile per affrontare il futuro delle nostre società, dell’economia e del lavoro.
Se il mondo di oggi è governato dagli “esperti”, quello di domani avrà un crescente bisogno di “esploratori” che possano individuare nuovi percorsi per creare nuovo valore.
Flashback
È John Hagel, consulente strategico ex partner di Deloitte, a suggerirci questa idea.
Fino a oggi la storia economica si è concentrata sull’idea di “efficienza scalabile”. Con il miglioramento di infrastrutture e tecnologie, le aziende sono cresciute sfruttando i benefici della produzione su larga scala: più produci, più abbassi i costi e migliori i margini di profitto.
Nello scenario economico dell’efficienza scalabile il leader è l’esperto: una figura con competenze solide, abituata a gestire ambienti stabili e strutturati. Il suo ruolo è garantire che i processi funzionino in modo rapido ed efficiente, ottimizzando costi e tempi. Le sue credenziali sono esperienza pregressa e titoli. È al comando perché è visto come la figura che ha sempre le risposte giuste. Sotto i suoi ordini, persone e risorse vengono distribuite in base a previsioni precise per mantenere tutto sotto controllo e ottimizzare le operazioni.
Sebbene il leader esperto sia ambizioso e sempre alla ricerca di nuove opportunità, spesso fatica ad adattarsi in contesti di rapido cambiamento. La sua forza sta nella stabilità e nell’efficienza, ma queste qualità possono diventare un ostacolo quando diventano necessarie flessibilità e innovazione.
Il modello dell’efficienza scalabile alla lunga entra in conflitto con l’apprendimento continuo e la sperimentazione.
È il processo tipico in cui incorrono le startup: dopo la fase della disruption e dell’innovazione, guidata da imprenditori-esploratori, spesso gli investitori spingono perché le aziende in crescita vengano affidate agli esperti, e gestite secondo i criteri dell’efficienza. Con il risultato che quasi sempre la capacità innovativa delle aziende declina, e di conseguenza anche i loro profitti.
L’efficienza scalabile funziona bene in periodi di stabilità e in fase di consolidazione del business, ma diventa un limite quando ci si trova in un contesto di cambiamenti rapidi e imprevedibili.
Fast forward
A differenza dell’esperto, il leader esploratore si spinge oltre: cerca nuove soluzioni, pone domande che ancora non hanno risposta e affronta l’incertezza come un’opportunità. Non si limita a migliorare ciò che già conosce, ma guarda avanti, sapendo che il futuro è pieno di possibilità ancora da scoprire.
Cosa rende diverso l’esploratore?
Non ha paura dell’incerto: anziché evitarlo, lo accoglie. Sa che è proprio nelle situazioni sconosciute che nascono le idee migliori.
Cerca il contributo degli altri: non pretende di sapere tutto. Si confronta, collabora e sa che da un confronto aperto arrivano soluzioni più interessanti.
Punta alle nuove opportunità: invece di migliorare l’esistente, cerca nuove esigenze da soddisfare e nuove strade da percorrere.
Coinvolge chi lo circonda: non usa il controllo o la paura per gestire il suo team, ma crea contesti in cui si può sperimentare senza temere l’errore.
È determinato a risolvere problemi reali: la sua forza sta nella capacità di superare ostacoli concreti, non nei titoli o nell’esperienza pregressa.
Il mondo di oggi non ha bisogno solo di chi fa meglio quello che già esiste, ma di chi sa guardare oltre, sperimentare e trovare soluzioni innovative. Il modello dell’esperto diventa sempre meno efficace: più ottimizzi, minori sono i margini di miglioramento. Al contrario, il leader esploratore apre nuove possibilità, creando valore con meno risorse e maggiore velocità.
Come fare per “attivare la modalità esploratore”?
Prendendo in prestito il linguaggio degli RPG (Role-playing games), dovremmo passare dal cercare di raggiungere un obiettivo (goal) al metterci in viaggio per una missione (quest).
I goal sono rigidi, spesso frustranti e ci fanno focalizzare troppo sul risultato finale. Tendono a essere binari: o li raggiungi, o fallisci. Questo ci porta a sentirci sotto pressione e ci fa vedere tutto in funzione del traguardo finale. Se non lo raggiungiamo ci assale un senso di fallimento, e anche se ci arriviamo, spesso la soddisfazione è momentanea. I goal ci spingono a inseguire risultati precisi e misurabili, con poca attenzione al viaggio che facciamo per arrivarci.
Le quest, invece, ci invitano a vivere l’esperienza, a esplorare e a imparare lungo il cammino, rendendo il processo di crescita più fluido e gratificante. Sono percorsi aperti in cui conta l’esplorazione e la crescita continua. Non hanno una fine così definita e il valore sta proprio nell’affrontare sfide, scoprire nuove strade e imparare lungo il tragitto. Le quest ci permettono di adattarci, di vivere ogni passo come un’opportunità di apprendimento e di godere del processo, non solo del risultato.
Se volessimo riassumere l’idea, potremmo dire così:
Goal: “Devo raggiungere questo risultato entro questa data.”
Quest: “Voglio esplorare quest’area e vedere dove mi porta, imparando lungo la strada.”
Questo spostamento dal risultato alla ricerca ci fa interrogare sul nostro ruolo di consulenti.
In uno scenario ipercompetitivo di agenzie e società di consulenza che si sfidano a promettere il rilascio di progetti con garanzia di risultato (goal), nel più breve tempo possibile (4 settimane per un rebranding completo!), nel modo più efficiente possibile (scopri il nostro framework proprietario per creare un brand di sicuro successo!), una promessa di valore differenziante e alternativa potrebbe essere quella di offrirsi come compagni per una quest: iniziamo una ricerca senza obiettivi misurabili specifici, senza una deadline ma al contrario con un commitment di lungo periodo e vediamo dove ci porta.
Sei Coca Cola e vuoi rendere il mondo un posto più felice? Iniziamo insieme una quest per capire che cosa vuol dire essere felici, come è cambiata nel tempo l’idea di felicità, come immaginiamo un futuro felice e vediamo dove ci porta tutto questo. Sei Facebook e vuoi avvicinare le persone le une alle altre? Iniziamo insieme un viaggio per indagare che cosa ci tiene vicini come esseri umani e vediamo dove ci porta, imparando lungo la strada.
La parola quest è imparentata con il francese quête, che in letteratura indica il viaggio dell’eroe cavalleresco: un viaggio che comincia per ritrovare qualcosa o qualcuno - l’amata o l’amato, un compagno, un oggetto magico -, ma che poi si riempie di deviazioni, esperienze, sorprese, scoperte inattese. L’eroe spesso si dimentica l’obiettivo per cui era partito, per immergersi in un itinerario di conoscenza e trasformazione di sé.
Il concetto di “quest” condivide l’origine con la parola “question”, domanda. La quest non è guidata dalla frenesia di arrivare a una risposta, ma è alimentata dalla continua necessità di farsi domande.
Se tutti sono così ossessionati dal fornire risposte, e risposte veloci ed efficienti, c’è un enorme spazio per chi saprà fare domande nuove, attivando la modalità esploratore.
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Il lavoro, come la vita, senza esplorazione è monotonia.