In questa newsletter io e Paolo raccontiamo i nostri Futuri Preferibili in tre mosse: partiamo da qualcosa che accade nel presente, prendiamo la rincorsa nel passato e poi facciamo un salto nel futuro. Non per prevederlo, ma per provare a indirizzarlo.
Noi siamo qui
Skibidi dop dop dop yes yes skibidi double u reeh reeh…
Sono settimane che Riccardo, il figlio ottenne di Matteo, canta un motivetto fastidioso scovato su YouTube. Proviene da una canzone di Skibidi Toilet, una serie di video con protagoniste delle teste cantanti che escono da altrettanti water e vogliono conquistare il mondo, ostacolate dalle teste a camera, individui che hanno una telecamera al posto della testa. Il canale YouTube di DaFuq!?Boom! oggi ha 34,5 milioni di iscritti e miliardi di visualizzazioni.
Scommettiamo che vi stiate chiedendo: come è possibile?
Perché milioni di persone nel mondo dovrebbero spendere preziosi minuti delle loro vite a guardare delle teste cantanti dentro dei water che combattono contro delle teste a camera?
È il potere di ciò che gli anglosassoni definiscono weird, una parola che viene utilizzata per indicare qualcosa di insolito, inusuale, completamente inaspettato. La weirdness è una deviazione da ciò che viene comunemente inteso come normale. Essere weird significa vedere e fare le cose in modo diverso. E le persone possono trovarlo sorprendente e affascinante - persino irresistibile.
La weirdness non è solo una qualità delle cose che consideriamo non normali e alle quali non riusciamo a dare un significato; piuttosto è una sorta di framework interpretativo della realtà, che ci aiuta a comprendere meglio la cultura e le tecnologie che stanno indirizzando il nostro futuro.
La deviazione dalla normalità sembra essere infatti una tendenza profonda della cultura digitale, che cerca di rompere continuamente l’irrigidirsi dei trend e delle mode. Del resto Skibidi Toilet ha il potere di rievocare l’essenza originaria di Internet: ci ricorda di un tempo in cui tutto su Internet era divertente, caotico, assurdo. Facendolo, acquisisce un potere quasi terapeutico.
Flashback
Fin dal primo giorno di scuola ci viene insegnato che cosa è giusto e che cosa è sbagliato. “Alza la mano prima di parlare, aspetta in fila, non colorare fuori dai contorni, vestiti in modo appropriato al contesto”. Man mano che proseguiamo la nostra istruzione, continuiamo a imparare a comportarci bene, a comportarci come una “persona normale”. Quelli che ci riescono vengono ricompensati con buoni voti e, alla fine, buoni posti di lavoro. Hanno imparato a esistere “normalmente” nel mondo.
Il nostro intero sistema formativo è pensato per “darci una forma”, appunto. Per insegnarci a essere normali. Ogni aspetto della società poi rafforza l’idea che la normalità sia la cosa migliore. Quando entriamo nel mondo del lavoro, la morsa della normalità si stringe ulteriormente. Normale è tutto ciò che ci viene chiesto di essere. “Strano” ha una connotazione negativa.
Strano è qualcosa che non vogliamo essere, quindi ci presentiamo al lavoro alle 9 del mattino vestiti da persone normali, parlando come parlano le persone normali, comportandoci come si comportano le persone normali.
Siamo stati programmati per essere normali. E quindi diventiamo normali. Non c’è niente di strano, in tutti i sensi.
La conseguenza è che, in un mondo in cui tutti gridano a gran voce per essere ascoltati, piangono per essere visti, mostrano la propria sofferenza per essere riconosciuti, essere sé stessi è diventata la cosa più difficile da fare.
È più facile nascondersi in mezzo alla folla, restare a riparo dagli sguardi indiscreti. Lo vediamo anche nel design e nella comunicazione dei brand: veniamo da anni in cui tutti hanno cercato di convergere, anziché divergere. Si sono create tendenze, mode, standard che hanno ristretto il campo delle possibilità. E più un’identità si distanzia da ciò che è considerato accettabile, più viene critica e affossata. Il blanding infinito si è preso tutti gli spazi e tutto il campo visivo, e i brand e le identità hanno cominciato a somigliarsi sempre di più.
Avere una personalità unica, distinguersi dalla massa, significa ostentare le proprie eccentricità e stranezze davanti agli occhi del mondo intero. Le nostre idiosincrasie possono essere ingombranti, a volte. Possono essere un peso.
Fa male essere diversi. È difficile essere strani, andare contro il flusso di ciò che è normale e sicuro.
Eppure essere normali non è sicuro per coloro che hanno abbracciato la propria stranezza. È una prigione. Tutti, nel profondo, siamo strani. Ma per un motivo o per l’altro, la nostra intrinseca stranezza ci fa vergognare e ci spaventa.
Fast forward
Qualche minuto fa, però, avete cliccato su un video in cui delle teste cantano da un water. E vogliono conquistare il mondo. Il weird, evidentemente, si sta prendendo la sua rivincita.
Negli ultimi anni abbiamo vissuto traumi enormi a tutti i livelli: lockdown, perdite di posti di lavoro, morti, impennate e recessioni economiche, inflazione, proteste, elezioni, guerre umane e guerre tecnologiche, e l’elenco potrebbe continuare. Questa successione di shock ha influenzato i nostri circoli sociali, la nostra salute mentale e fisica, e ci ha fatto reagire in alcuni modi “strani” che sono una spinta verso il rifiuto del conformismo, rivelano un desiderio nascosto di qualcosa di nuovo e significativo che non esiste ancora là fuori.
Questa è la vera lezione del weird: l’eccentricità è un atto di resistenza. Una potente rivolta contro gli assordanti assalti della disperazione dovuta a una situazione impantanata.
La weirdness si manifesta ovunque. Nella cultura, il weird è diventato un genere artistico, letterario e cinematografico, un’evoluzione dell’horror e del fantasy che predilige rappresentazioni di ciò che è anomalo, spiazzante, incomprensibile. Da questa tendenza deriva anche l’enorme successo di serie come Stranger Things. Ma davvero non avete sentito un brivido di stranezza a vedere i Beatles di nuovo riuniti, mentre da dimensioni temporali diverse suonano e cantano insieme il loro “nuovo” singolo, Now and Then? Con l’intelligenza artificiale tra l’altro i featuring con l’aldilà potrebbero diventare la norma.
Ma a pensarci bene la weirdness è radicata anche nel business. Personalità emblematiche come Steve Jobs, Elon Musk o Mark Zuckerberg sono famosi per essere decisamente eccentrici. Tutti sono partiti da idee che all’inizio sembravano strane, e presto sono diventate mainstream. Tutti sono personaggi anticonformisti, creativi, idealisti, estremamente curiosi e spinti dall’idea di superare se stessi e di trovare un significato nella propria vita. Strani? Senza dubbio. Avrebbero potuto fare ciò che hanno fatto senza esserlo? Difficile.
Ma la stranezza va al di là delle singole personalità, e riguarda intere organizzazioni e idee di business: pensate ad Airbnb, un’azienda di strutture ricettive che non possiede nemmeno un letto, o a Uber, un’azienda di trasporti senza autisti nel suo organico. Che si tratti di un modello aziendale, di un obiettivo di una strategia di marca, ciascuna di queste aziende si è orientata verso l’insolito e ha goduto, come risultato diretto, di un impatto significativo. Gli esempi si potrebbero moltiplicare: quanto più una cosa sembra non avere senso, tanto più potrebbe diventare il prossimo trend.
Ora va di moda dire che il metaverso è morto e sepolto, ma la verità è che sempre più persone spendono notevoli quantità di tempo in mondi virtuali, a giocare. E se guardiamo al di là delle bizzarre (strane?) demo di Meta, i segnali che stiamo vivendo già in un mondo ibrido sono molteplici. Fortnite è un gioco online gratuito, ma circa il 60% dei giocatori spende soldi per comprarsi outfit e personaggi virtuali. Non è tanto strano in sé, ma è un sintomo del fatto che molte persone affermano di sentirsi più facilmente sé stesse negli ambienti virtuali che nella vita reale.
Gli avatar digitali sono corazze che proteggono gli aspetti più sensibili della personalità, come l’identità di genere. Negli spazi virtuali le persone si sentono più libere di sperimentare, di costruirsi e di mostrare la propria vera identità, che spesso è un’identità ibrida. E questa ibridazione apre lo spazio a nuove “stranezze”, che sono tali solo per chi pensa con schemi tradizionali.
Del resto la weirdness non resta confinata nei mondi virtuali o in alcune nicchie contro-culturali: si affaccia prepotente anche nella cultura e nella comunicazione mainstream. La nuova campagna di Dude per Iliad stravolge i codici della industry, crea situazioni e discorsi surreali, e porta l’inaspettato anche negli spazi più noti e stereotipati della nostra esistenza. E addirittura John Lewis, il brand che con i suoi commercial scandisce il ritmo stesso del Natale, ha fatto entrare nel suo Christmas advert di quest’anno un elemento decisamente weird: piantando un seme misterioso, il bambino protagonista coltiva in casa una stranissima e invadente pianta carnivora. Qualcosa di decisamente incompatibile con l’idea tradizionale del Natale, ma che naturalmente, alla fine, verrà integrata nella celebrazione familiare, ridando significato all’idea stessa dello spirito natalizio, e spostando in avanti il confine di ciò che è accettabile.
Il nostro futuro preferibile, insomma, ha bisogno di più challenger, persone che non temono l’idea di re-immaginare ciò che comunemente chiamiamo “normalità”. Per questo non dobbiamo temere il weird o allontanarlo da noi, nella nostra vita come nel lavoro. Dobbiamo invece accoglierlo, esplorarlo e celebrarlo. Giocarci e sperimentare, essere curiosi anche di ciò che ci crea disagio e che fatichiamo a capire. Seguire segnali che ci porteranno in territori inesplorati. E quindi mettere sempre in discussione ciò che consideriamo la norma.
Per immaginare il futuro, e soprattutto per indirizzarlo, a volte basta farsi domande semplici e concrete, ma dalle conseguenze enormi, come quelle che si fanno i bambini. “Cosa succederebbe se…”
Immaginare il futuro in questo modo è uno strumento potentissimo per costruire strategie di crescita e trasformazione.
Cosa succederebbe se il trasporto pubblico fosse gratuito? Cosa succederebbe se ci fosse una tassa sul traffico? Cosa succederebbe se i bagni pubblici fossero puliti, sicuri e accoglienti? Cosa succederebbe se chi lascia case e locali sfitti pagasse una penale? Cosa succederebbe se, come ha ipotizzato una volta la figlia di Paolo mentre erano bloccati nel traffico di Roma, le persone camminassero in mezzo alla strada, e le macchine solo sul marciapiede?
Se pensiamo anche soltanto alle città, infatti, sono tante le cose che consideriamo “normali”, e che invece potrebbero essere messe integralmente in discussione. Lo stesso vale per tutti gli ambiti. Quando proviamo a fare questo esercizio, è sorprendente vedere quanto potrebbe essere facile cambiare alcune cose subito, e in profondità.
Non è facile da dire, meno ancora da fare, ma invece di avere sempre “la testa sulle spalle”, come ci hanno insegnato, bisognerebbe imparare a pensare più come le teste cantanti di Skibidi Toilet. Skibidi dop dop dop yes yes skibidi double u reeh reeh…