Un futuro irresistibile diventa inevitabile
Come il design può rendere tangibile il futuro che vogliamo
In questa newsletter io e Paolo raccontiamo i nostri Futuri Preferibili in tre mosse: partiamo da qualcosa che accade nel presente, prendiamo la rincorsa nel passato e poi facciamo un salto nel futuro. Non per prevederlo, ma per provare a indirizzarlo.
Noi siamo qui
Matteo ha passato la scorsa settimana al Web Summit di Lisbona, in compagnia di Francesco e Simone, a caccia di segnali dal futuro.
I tre sono rimasti catturati dagli speech di Brian Collins e Leland Maschmeyer, fondatori dello studio di design COLLINS. Collins e Maschmeyer hanno raccontato, con esempi tratti direttamente dal loro lavoro, che cosa significa il motto Make your future so irresistible it becomes inevitable, con cui hanno riposizionato lo studio come una “transformation consultancy”.
La premessa è che il futuro non esiste: piuttosto esistono molteplici futuri, al plurale, che competono uno contro l’altro nello stesso momento, proprio ora. Il presente è lo spazio in cui diverse possibilità di futuro lottano per affermarsi.
Ognuno di noi investe il proprio tempo e le proprie energie per costruire il futuro possibile che non solo immagina e desidera, ma per il quale vale la pena lottare. In questo scenario, il design si configura come l’insieme di tutti gli strumenti – mindset, skill e tool – necessari a costruire il futuro che desideriamo, rendendolo visibile a tutti. I designer, cioè, non inventano il futuro, ma cercano di comprendere in che direzione sta andando il mondo, ciò di cui ha bisogno, e rendono tutto ciò comprensibile, condivisibile e desiderabile da tutti. Lo rendono cioè irresistibile, in modo che diventi inevitabile.
Per comprendere e dare forma al futuro nell’ambito del loro lavoro, Brian e Leland hanno fatto quello che facciamo sempre noi qui per Futuri Preferibili: hanno guardato al passato, cercando di capire quale fosse l’ultima volta che una forza collettiva energica e creativa fosse riuscita a cogliere lo spirito del futuro.
Flashback
Nel loro viaggio a ritroso nel tempo, i due fondatori di COLLINS sono approdati alla NASA degli anni ‘60. Un luogo in cui un’idea del futuro si è concretizzata, ed è diventata così potente da diventare l’idea del futuro condivisa da tutti.
Lo spazio, l’esplorazione del cosmo, è da sempre una delle cose che affascinano maggiormente gli umani e la società. Dapprima luogo di avventure fantastiche, di incontri inaspettati con alieni e dischi volanti, verso la fine degli anni ‘50 lo spazio è diventato la frontiera della Guerra Fredda. Gli Stati Uniti risposero ai primi viaggi sovietici nello spazio creando la NASA, l’agenzia nazionale per l’esplorazione dello spazio. L’obiettivo era mandare l’uomo sulla Luna entro il 1969: volevano e dovevano farlo per battere i russi che fino a quel momento erano in vantaggio nella corsa allo spazio. Per riuscirci però avevano bisogno di convincere un’intera nazione che valeva la pena accettare quella visione del futuro e impegnarsi per realizzarla. Come fare?
L’intuizione decisiva è stata del presidente John F. Kennedy. Invece di presentare la conquista della Luna come una missione di guerra, Kennedy decise di raccontarla – facendo leva sull’innato spirito pionieristico degli americani – come l’esplorazione di una “Nuova Frontiera” da parte dell’umanità. All’improvviso lo spazio diventava un luogo di scoperta, non più un terreno di guerra. Gli astronauti sarebbero partiti verso un “mare di pace”, pieno di opportunità e benefici per tutta l’umanità.
Per espandere questa narrazione e catturare l’immaginazione del Paese, proiettandolo verso il futuro che voleva realizzare, la NASA attinse in modo intelligente a una serie di archetipi e riferimenti al passato. Ad esempio, i primi astronauti furono fotografati in pose che riprendevano i ritratti dei primi esploratori europei, per raccontare l’idea che il viaggio sulla Luna aveva a che fare con la scoperta scientifica. Le tute spaziali non avevano alcuna necessità di essere argentate, ma furono progettate così per richiamare quelle degli eroi della fantascienza degli anni ‘50.
In pratica, mentre la NASA portava l’umanità sulla Luna, la classe creativa portava la società tra le stelle, in uno sforzo collettivo che ha reso la Nuova Frontiera tangibile nella vita quotidiana delle persone.
La sfida della NASA è la sfida di ogni organizzazione: dare forma a una visione del futuro e convincere le persone che vale la pena impegnarsi per realizzarla, oggi e negli anni a venire. Creare il contesto affinché la visione del futuro sia accettata. “Installare” il futuro nel presente.
Fast forward
Questa idea di “installare” il futuro nel presente, rendendolo irresistibile e quindi inevitabile, rappresenta un bellissimo Futuro Preferibile per il design.
Ma nonostante il design abbia lo straordinario potere di influenzare le nostre vite, l’impressione è che negli ultimi anni l’abbiamo barattato con qualcosa di più semplice, standardizzato e facile da vendere.
Basta cercare online la parola design per trovare una miriade di immagini e articoli che hanno poco a che fare con l’ispirazione del futuro; piuttosto raccontano un approccio generico fatto di regole da ripetere sistematicamente, senza variazioni: empathize, ideate, prototype… secondo il pattern consolidato del design thinking.
Tutto questo non solo sminuisce il ruolo del design, ma trasforma il suo potenziale contributo in qualcosa di molto meno significativo e influente di quanto potrebbe – e dovrebbe – essere.
Un paio di settimane fa un articolo di Fast Company ha raccontato come IDEO, la design consultancy che ha reso popolare il design thinking, licenzierà entro fine anno un terzo dei propri dipendenti. In molti hanno letto in questo avvenimento il segnale che sancisce definitivamente il passaggio di una certa idea di design a commodity, che entra in azienda non per creare servizi ed esperienze uniche, ma per ottimizzare processi esistenti e migliorare la loro efficienza.
I co-fondatori di COLLINS hanno un’idea diversa del design e propongono un framework per iniziare a pensare e dare forma al futuro. Il framework, che chiamano Knot, si compone di sei elementi, che a loro volta possono essere divisi in due gruppi da tre.
Nel primo gruppo troviamo tutto ciò che ha a che fare con il futuro che immaginiamo:
Want: il nostro desiderio urgente di cambiamento;
Belief: l'ideale che lo motiva;
Means: la forza, le tensioni sociali, la tecnologia che lo rendono possibile.
Il secondo gruppo di elementi, invece, serve a rendere tangibile il futuro per tutti gli altri; desiderio, ideale e forze sociali si collegano tra di loro attraverso:
Story: il racconto che fa sapere a tutti dove vogliamo andare;
Symbols: il linguaggio visivo che ci aiuta a far vedere agli altri il futuro che vogliamo;
Systems: le esperienze che rendono la nostra idea di futuro concreta e tangibile.
Brian e Leland incoraggiano ognuno di noi a progettare con questo framework per immaginare nuovi futuri e “installarli” nel nostro presente. Un po’ quello che cerchiamo di fare insieme con Futuri Preferibili, ogni settimana, da un anno a questa parte.
Come COLLINS, anche noi siamo a servizio del futuro. E tra i tanti futuri che competono tra loro, abbiamo scelto di contrastare quelli pessimistici, di perseguire quelli un po’ più difficili ma per cui vale la pena lavorare, di immaginare in che modo persone e organizzazioni potranno essere più felici. Insomma, cerchiamo di rendere più tangibili e comprensibili i futuri che consideriamo preferibili, creando per loro nuove storie, nuovi simboli, nuovi sistemi.