In questa newsletter io e Paolo raccontiamo i nostri Futuri Preferibili in tre mosse: partiamo da qualcosa che accade nel presente, prendiamo la rincorsa nel passato e poi facciamo un salto nel futuro. Non per prevederlo, ma per provare a indirizzarlo.
Andiamo?
Noi siamo qui
Nel XIX secolo sull’Isola di Pasqua sono state trovate tavolette incise con una scrittura misteriosa, il rongorongo, non ancora decifrata. Quello che sappiamo è che probabilmente si leggeva ruotando la tavoletta mentre si procedeva nella lettura. E quindi forse leggere significava usare tutto il corpo, in una specie di danza.
Il rongorongo è la prova che con la scrittura si possono fare cose diverse da quelle a cui siamo abituati. Non solo sull’Isola di Pasqua, ma anche all’interno delle aziende, come mostra un interessante confronto tra due libri che parlano dei processi di presentazione delle idee adottati da Apple e Amazon.
Nel suo Creative Selection Ken Kocienda, per 15 anni software designer di Apple, ha raccontato i processi di elaborazione e selezione delle idee usati dall’azienda nell’epoca d’oro di Steve Jobs. Per arrivare a presentare un’idea a Jobs in persona era necessario creare un prototipo in grado di mostrare il funzionamento dell’idea. Non c’era modo di veder avanzare un progetto che non fosse metterlo in atto.
Colin Bryar e Bill Carr, nel loro Working Backwards, raccontano che per portare un’idea all’attenzione del leadership team di Amazon era necessario scrivere un report di almeno sei pagine. Niente slide, niente powerpoint, niente schemi e figure: solo il racconto scritto dell’idea. Prima di cominciare il meeting, tutti i partecipanti dovevano leggere in silenzio le sei pagine. Poi si poteva iniziare a discutere.
Da un lato un prototipo funzionante, quindi, dall’altro la scrittura. La prima strada non sorprende, conoscendo lo stile Apple e la cultura del design che l’azienda ha costruito e coltivato. Il metodo voluto da Jeff Bezos invece è sorprendente, quasi controintuitivo. Da un’azienda come Amazon ci si aspetterebbe rapidità, agilità, comunicazioni compresse. E invece tutte le idee passavano attraverso il filtro “lento” e riflessivo della scrittura.
Mettere le idee alla prova della scrittura genera diversi vantaggi:
crea una selezione più accurata, perché lo sforzo della scrittura blocca all’origine le idee deboli o le persone poco motivate;
rende più produttivi e meno dispersivi i meeting;
allena la capacità di argomentare, dettagliare, definire le idee;
scongiura il pericolo che una persona dotata di doti affabulatorie riesca a vendere una cattiva idea attraverso un pitch brillante.
In generale, la scrittura è una tecnologia ad alta risoluzione e ad alta fedeltà: nella trasmissione delle idee la quantità di informazione che va perduta è quasi ininfluente. Ed è proprio questa sua caratteristica che potrebbe renderla un potente strumento progettuale e organizzativo, a servizio del design e non solo della creatività artistica.
Flashback
È divertente, e anche istruttivo, ripercorrere ogni tanto le profezie andate a vuoto, i vicoli ciechi della storia. Nella Londra di fine Ottocento gli urbanisti prevedevano che il grande problema per il futuro della città sarebbe stato smaltire gli escrementi delle migliaia di cavalli che trainavano le carrozze usate come mezzi di trasporto. Poi qualcuno ha inventato le automobili, e la cacca dei cavalli non è stata più in cima alla lista delle emergenze.
Un secolo dopo, verso la fine del Novecento, le profezie degli esperti di comunicazione si concentravano sulla scrittura: dal momento che sempre di più per comunicare useremo le immagini, perderemo l’abitudine alla scrittura.
Nella cultura di massa esplodevano le tecnologie audiovisive, e anche nella cultura delle organizzazioni cominciavano a proliferare le presentazioni, la PowerPoint addiction, l’egemonia dei linguaggi visivi.
La scrittura in questo contesto sembrava destinata a tornare quello che era alle origini, quando è stata inventata: un’attività riservata a pochi tecnici super-specializzati, come gli scribi egizi o i monaci medievali. Qualcosa a cui affidare le leggi segrete della comunità, o l’attività isolata di qualche genio un po’ matto, impegnato a inventare mondi o a speculare sull’esistenza umana attraverso la letteratura o la filosofia.
Poi, un’altra volta l’effetto “cacca di Londra”: sms, email, blog, chat, messaggistica istantanea, social network.
L’inizio del ventunesimo secolo è forse l’epoca della storia umana in cui si è scritto di più. Tutti, ovunque, con qualunque mezzo.
Anche la scrittura, come tutte le conoscenze, si è democratizzata, è diventata alla portata di un numero sempre maggiore di persone. Come spesso accade quando la base di utilizzo aumenta, la qualità e la correttezza diminuiscono, si diluiscono: scriviamo tanto, e scriviamo in modo meno strutturato. Più veloce, spesso meno attento, più occasionale. Più artigianale e meno legato all’idea della creatività “geniale”.
Eppure, se la scrittura è ovunque nelle nostre vite, perché non provare a sfruttare di più la sua capacità di trasmettere le idee ad alta risoluzione e ad alta fedeltà?
Non si tratta di diventare tutti scrittori e tutte scrittrici: si tratta di trasformare la scrittura in un’attività funzionale e progettuale, in modo diffuso.
Fast forward
Dicevamo: sms, email, blog, chat, messaggistica istantanea, social network. E adesso i sistemi di intelligenza artificiale generativi. Strumenti che non solo non si limitano a scrivere al posto nostro, ma ci stimolano a scrivere ancora di più. Scriviamo per avere da loro risposte. Scriviamo per chiedergli di scrivere per noi. Scriviamo per generare immagini, ovvero l’esatto contrario delle profezie sulla fine della scrittura!
Il rapporto che abbiamo con i sistemi di intelligenza artificiale può aiutarci a capire meglio cosa significa un futuro preferibile in cui useremo la scrittura come strumento di progettazione e di design. La scrittura può diventare - e sta già diventando - un tool attraverso il quale organizzare il lavoro, dare forma alle idee, metterle alla prova, scoprire qualcosa che non sappiamo.
Tanto più che la scrittura, proprio come i sistemi di intelligenza artificiale, è un tool generativo: quando gli affidiamo i nostri pensieri lei non si limita a organizzarli, metterli in ordine e metterli “in bella copia”.
La scrittura modifica i pensieri, li chiarisce, li spinge in avanti. Crea pensieri nuovi e svela a noi stessi pensieri che non credevamo di avere.
In questa idea della scrittura il metodo del prototipo (Apple) e il metodo del report (Amazon) si fondono: la scrittura diventa un modo per creare prototipi più precisi, più dettagliati, più concreti. La sfida sarà proprio quella di portare l’alta definizione della scrittura dentro la cultura del prototipo e della creazione di idee azionabili.
L’idea di una scrittura funzionale e progettuale non soffoca la creatività, al contrario: usare la scrittura per progettare significa portare in tutti gli ambiti la sua potenza generatrice, la sua capacità di creare significati e trasformare in storie potenti tutto ciò che tocca. Pensare a ogni nostro progetto come a una storia, come a un’avventura, potrebbe aiutarci ad attivare punti di vista nuovi. Eroi ed eroine, antagonisti e aiutanti, prove da superare e territori da esplorare, psicologie da sondare e legami da creare, un grande confronto finale e poi - almeno qualche volta - il lieto fine.
Sull’Isola di Pasqua il rongorongo forse si leggeva danzando. Noi potremmo fare qualcosa di altrettanto lontano, creativo e diverso: progettare scrivendo.